SITO n. 2 FLAMBRO – Chiesa di S. Giovanni Battista.
Nell’area immediatamente retrostante all’edificio cultuale, le cui origini paiono risalire ad epoca piuttosto antica, è possibile osservare la sporadica presenza di frammenti laterizi, portati in superficie dalle arature. L’affioramento di materiale di età romana era già stata rilevato nel 1984 da A. Tagliaferri, il quale aveva supposto che si trattasse dei resti di una struttura abitativa 238. In realtà , secondo quanto noto da fonti orali, le testimonianze vanno attribuite ad un’area funeraria, dal momento che all’inizio degli anni ’60 nella zona ad ovest della chiesetta vennero alla luce tre tombe alla cappuccina* con copertura in tegoloni. In tale occasione si individuarono anche delle tracce presumibilmente riferibili ad altre sepolture, sulla base dell’osservazione che nei periodi di siccità in alcune zone a profilo regolare l’erba si manteneva verde, evidentemente a causa di un più alto grado di umidità del terreno interessato dalle presenze archeologiche rispetto a quello circostante.
L’unico reperto significativo documentato consiste in un puntale di anfora di produzione africana, verosimilmente ascrivibile per dimensioni e caratteri morfogici al cd. “contenitore cilindrico di grandi dimensioni della tarda età imperiale”, che fu utilizzato per il trasporto delle merci tunisine (olio e salse di pesce) dal V agli inizi del VII sec. d.C.. La sua presenza nel contesto in esame può essere forse considerata come indizio dell’esistenza nel sepolcreto, oltre che di tombe alla cappuccina, anche di deposizioni entro anfora, secondo un uso attestato piuttosto di frequente nelle necropoli romane, specialmente nel periodo tardo-antico.
SITO n. 4 TALMASSONS – Località Guarzo.
La rilevazione archeologica della zona data agli anni ’80, quando nel corso dei lavori di riordino fondiario sono venuti alla luce i resti di una piccola necropoli ad incinerazione, composta da una quindicina di tombe; queste furono individuate sul terreno, su una superficie totale di circa 120 mq, sotto forma di chiazze carboniose, entro cui erano visibili minuti frammenti di ossa combuste. In tale occasione fu possibile recuperare una parte degli oggetti di corredo, costituiti da una serie di manufatti in bronzo – pertinenti sia ad armi sia ad elementi di ornamento e a vari utensili, unitamente ad una ventina di frammenti di ceramica ad impasto rossiccio, forse relativi ad un’olla destinata ad accogliere le ceneri del defunto.
La descrizione dei rinvenimenti si deve ad A. Tagliaferri, che ha proposto una datazione del contesto sepolcrale ad epoca tardo-repubblicana, pur notando nei reperti alcuni connotati riferibili ad un orizzonte culturale preromano. Uno studio accurato dei materiali provenienti dal sito, effettuato in seguito, ha però portato ad una radicale revisione di tale ipotesi di inquadramento cronologico, dal momento che ha ricondotto la ceramica ed i bronzi rinvenuti a categorie di reperti usualmente presenti in sepolture del periodo compreso tra l’ultima fase del Bronzo Finale (X sec. a.C.) e le fasi iniziali del Ferro (VIII-VII sec. a.C.).
L’importanza del sito ne è risultata in tal modo accresciuta, sia per la notevole antichità che per la varietà tipologica degli oggetti recuperati; tra questi vanno in particolare segnalati alcuni esemplari di cuspidi di lancia, poiché rappresentano una delle attestazioni più antiche dell’uso di deporre armi nelle tombe, largamente documentato nelle necropoli friulane solo più tardi, a partire dall’VIII sec.a.C.. Secondo l’analisi condotta, rimane estraneo al complesso dei materiali protostorici un unico oggetto, corrispondente ad un piccolo chiodo in ferro con capocchia circolare sfaccettata, il quale pare piuttosto attribuibile all’età romana.
SITO n. 5 – TALMASSONS – Cimitero
Nel corso di ricerche svolte nel 1984 venne individuato un affioramento piuttosto concentrato di materiale laterizio di età romana nei terreni posti lungo il lato settentrionale del cimitero, presso la chiesetta di San Silvestro. L’unico ritrovamento significativo fu un peso da telaio in terracotta, che ora si conserva al Museo Archeologico Nazionale di Cividale.
I dati allora raccolti sono stati confermati dalle recenti ricognizioni di superficie, che hanno anche permesso di verificare l’estensione delle evidenze archeologiche – costituite prevalentemente da frammenti di tegole e di coppi – anche nell’area immediatamente ad est rispetto al muro di cinta del cimitero. Funge da indicatore per l’inquadramento cronologico del sito un asse coniato dopo la morte di Faustina I, moglie di Antonino Pio (141 d.C.), a cui si affianca un’altra moneta databile all’età alto-imperiale, purtroppo non più leggibile; i materiali documentati non consentono invece alcuna ipotesi interpretativa riguardo alle caratteristiche tipologiche delle strutture sepolte.
SITO n. 7 – FLAMBRO – Via Spinucci
Nell’ambito dell’odierno abitato di Flambro, diverse notizie consentono di localizzare un’area adibita a necropoli, con tombe disposte su entrambi i lati della via Spinucci. Sul lato nord-occidentale le prime scoperte, relative a sepolture alla cappuccina, sembrano risalire agli anni ’30, quando si eseguirono i lavori di costruzione della scuola elementare; successivamente, altri rinvenimenti dello stesso tipo si effettuarono nella seconda metà degli anni ’70, nello scavo delle fondamenta di alcune case. Sulla base delle testimonianze orali, è possibile in particolare ricostruire la presenza di numerose tombe, allineate perpendicolarmente al moderno asse stradale ad una distanza di circa 3 m l’una dall’altra.
E’ noto anche il recupero di alcuni oggetti di corredo – fra cui una moneta di Tiberio(14-27 d.C.), un vaso in terracotta ed un’altra moneta forse attribuibile all’età alto-imperiale, ma purtroppo tale materiale non è oggi più rintracciabile; risulta invece documentato il rinvenimento di due frammenti anforari, il cui impasto richiama contenitori di origine italica, forse del tipo Dressel. Secondo i dati raccolti, inoltre, diverse tegole impiegate per la copertura delle tombe recavano impresso il marchio di fabbrica.
Lungo il margine sud-orientale dell’attuale strada va poi localizzato il ritrovamento – avvenuto sempre casualmente in occasione di lavori edilizi – di almeno sette deposizioni, poste parallelamente alla via e prive, a quanto pare, sia di rivestimento in laterizio sia di elementi di corredo. Le differenze rilevabili nell’orientamento delle sepolture e nella loro tipologia, verosimilmente qui a semplice fossa terragna, inducono a pensare ad un contesto cronologicamente distinto rispetto al sepolcreto individuato sull’altro lato della sede stradale; lo confermerebbe anche l’assenza di corredi, fenomeno che generalmente si manifesta nell’uso funerario a partire dalla metà del V sec. d.C., in epoca ormai post-romana.
I dati noti riguardo alle scoperte, e in modo specifico una valutazione generale della disposizione topografica delle tombe, sembrano dimostrare la corrispondenza dell’odierna via Spinucci con un antico tracciato di età romana; questo va con ogni probabilità identificato con una strada che, staccandosi dalla presunta Postumia, procedeva in direzione sud-ovest verso Rivignano, fungendo da cerniera tra i territori dell’alta e media pianura e l’area della bassa pianura. Da notare anche la vicinanza del sito ad un limes della centuriazione, attualmente ricalcato da via della Vittoria e da un tratto della stradina che da Flambro conduce alla chiesetta di Sant’Antonio.
SITO n. 8 FLAMBRO – Località Cortina
Il sito riveste una notevole importanza storica, essendo stato sede del castello e della cortina medievali ed avendo quindi giocato un ruolo di primo piano in alcune tra le vicende più rilevanti per la storia del paese: nel 1346 e nel 1350 in occasione delle lotte tra la fazione udinese capeggiata dai Savorgnan e quella dei conti di Gorizia con i Della Torre, che portarono alla distruzione del castello e all’abbattimento della cortina, e successivamente nel 1477 nella difesa contro i Turchi, di cui rappresentò l’ultimo baluardo.
Della cortina si conservano nell’attuale assetto topografico tracce ben visibili soprattutto nel settore nord-occidentale, le quali permettono di ricostruire – secondo quanto supposto da T. Miotti con l’ausilio della documentazione grafica d’archivio – una “forma esagonale irregolare” ed un perimetro complessivo di ca. 300m, che racchiudeva anche la chiesa ed alcune abitazioni. Lo stesso campanile della chiesa di S. Maria Annunziata costituisce la persistenza strutturale della torre della centa, da cui fu ricavato mediante interventi di incamiciatura e di sopraelevazione per l’inserimento della cella campanaria.
Un’importante testimonianza a conferma delle antiche origini è emersa nel corso dei lavori di consolidamento delle sottofondazioni della struttura attuati nel 1935, quando si rinvennero alcuni oggetti d’ornamento in bronzo di epoca altomedievale, costituiti da un anello digitale, da un paio di cerchietti e da una fibula a disco con probabile decorazione a smalto. Tali manufatti, purtroppo, non sono oggi più reperibili, ma di essi rimane un’immagine fotografica conservata presso l’archivio plebanale, che ci consente di attribuirli, con un buon margine di attendibilità , all’orizzonte culturale paleoslavo di Köttlach e ad una cronologia compresa tra il IX e gli inizi dell’XI secolo.
L’insediamento nell’area interna al tracciato dell’antica cinta muraria risale, tuttavia, ancora più indietro nel tempo, dal momento che le ricerche di superficie hanno rivelato, nella zona immediatamente a sud rispetto all’entrata del cimitero, una fitta presenza di materiale archeologico di età romana, composto in prevalenza da elementi strutturali in laterizio (tegole, mattoni, coppi) e da frammenti anforari e ceramici. Fra questi risulta attestata in particolare una discreta quantità di vasellame fine da mensa (terra sigillata), che può essere verosimilmente considerata come indizio dell’esistenza di un edificio abitativo rustico dotato di un settore residenziale, in accordo con quanto indica il recupero di tessere musive, di intonaco dipinto (Dpl), di tubuli per impianti di riscaldamento (Mcl) e di frammenti di pietra levigata.
Tale ceramica fornisce, inoltre, un valido riferimento per l’inquadramento cronologico della fase di maggiore frequentazione del sito, la quale, anche alla luce dell’analisi dei reperti anforari, sembra collocabile tra la seconda metà del I sec. a.C. e l’età alto-imperiale. Alle stesse strutture insediative sembrano poi presumibilmente da ricondurre altre consistenti tracce, rilevate una quindicina di anni fa sotto forma di un diffuso affioramento di materiali laterizi nel vigneto che si estende nella parte settentrionale della cortina, subito ad est del cimitero. Se si accolgono tali informazioni, il sito viene dunque a caratterizzarsi come una delle aree archeologiche più vaste dell’intero comprensorio comunale, con una superficie complessiva pari a ca. 5.000 mq.
SITO n. 14 TALMASSONS – Località Lamanix
Una breve nota pubblicata nel 1934 informa del rinvenimento di “alcuni embrici, parecchie anfore e monili in bronzo di squisita fattura”, avvenuto nel terreno di proprietà di Lino Turello durante lavori di bonifica. Il sito è stato individuato mediante un’approfondita ricerca catastale, che è stata condotta sui vecchi registri conservati al Comune di Talmassons e sulla cartografia dell’epoca, disponibile presso l’Archivio di Stato di Udine. Grazie al numero limitato di fondi registrati a nome della persona menzionata è stato infatti possibile delimitare una zona circoscritta, che risulta ubicata a sud del paese, tra la strada che conduce a Torsa e la Roggia Macila.
Il posizionamento cartografico assume particolare importanza se si considera che si tratta, insieme al sito schedato di seguito, dell’unica evidenza archeologica nota nell’area meridionale del Comune, nel contesto di una zona che anticamente, come ancora all’inizio del nostro secolo, doveva avere prevalente carattere paludoso; la sua presenza potrebbe spiegarsi in relazione al tracciato viario secondario che da Flambruzzo si innestava sulla presunta Via Postumia passando per Flumignano.
SITO n. 14 TALMASSONS – Canale Miliana
Anche questa evidenza archeologica è segnalata dalla fonte bibliografica sopra citata, ma purtroppo in questo caso i dati topografici menzionati sono piuttosto generici e non consentono una localizzazione precisa. Si sa infatti solamente che altri materiali di età romana vennero alla luce presso il Canale Miliana, ad una distanza di circa 500 m dal sito precedentemente indicato.
Pagina aggiornata il 29/08/2023