Flora e fauna

La condizione dei terreni, la flora e la fauna

Nella piccolissima parte di territorio che si trova nell’alta pianura non si trovano acque superficiali e ciò determina una elevata aridità. Quel territorio è infatti troppo a settentrione per dare origine ad acque di risorgiva e troppo a meridione, troppo lontano dalle colline, per riceverne qualche “lavia”. La situazione è aggravata dall’elevata permeabilità del terreno, che ha prodotto, nel corso dei millenni, una costante decalcificazione, dovuta all’acqua piovana ed una conseguente ferrettizzazione: il colore rosso di questi terreni dipende proprio da questo fenomeno.

L’irrigazione è qui una condizione essenziale per la produzione agraria. Gli impianti irrigui, costruiti negli anni cinquanta e sessanta, sono costituiti da pozzi per il prelievo di acqua dalla falda freatica e da una rete di canalette che raggiunge ogni appezzamento.

La maggior parte dei terreni, essendo questi posti al di sotto della linea della risorgive, è però di natura diversa. Su di una base ghiaiosa, di origine più antica, si trova uno strato più o meno spesso di depositi più fini; questo strato è comunque difficilmente di spessore inferiore a 30 centimetri e può arrivare in qualche zona a due metri. Si tratta generalmente di argille, intervallate qua e là da ampie zone di depositi sabbioso-limosi. Nelle aree ancora paludose della parte bassa del territorio si trovano invece terreni torbosi, generati principalmente da un processo che richiede la presenza di vegetazione ed un costante ristagno d’acqua.

Flora – La vegetazione naturale del territorio si differenzia come è ovvio fra la parte posta Sud della linea delle risorgive e la minima parte rimanente.
A Sud, in origine, esisteva una foresta di latifoglie mesofile, costituita perlopiù dalla farnia (Quercus robur) e da altre specie adatte al clima, come faggio, frassino, ontano, salici, olmo, carpino, ecc. Ad essa si accostano numerose specie di arbusti. Questa vegetazione è ancora presente in qualche areale che ha fortunatamente conservato gli aspetti originari. Ciò vale anche per lo strato erbaceo, costituente il prato di palude e composto da circa 80 specie, di cui alcune tipiche delle zone di risorgiva. Si tratta di residui delle epoche glaciali come la rara “Brassica palustris”, il giglio turco (Hemerocallis lilioasphodelus), la “Primula farinosa” (marculine) ed altre: tali specie sono tipiche di zone montuose, più alte o comunque poste a latitudini maggiori. Esse si posso ritrovare in pianura esclusivamente nelle zone di risorgiva e la loro diffusione è garantita dalla eccezionalità climatica assicurata dalle acque di risorgiva, che sgorgano alla temperatura media di 13,5°C, con escursione termica praticamente inesistente. Fortunatamente, dicevamo, qualche area naturale è stata salvata da un insensato processo di bonifica integrale, che tendeva a stravolgere tutto il territorio. Grazie alla meticolosa, costante e vigile opera di alcuni appassionati si è avviato un processo di costituzione di un parco naturale, su terreni di proprietà regionale, che dovrebbe salvaguardare da interventi irrazionali.

Si riporta di seguito una nota, tratta dal “Libro storico“, che dice con quanta sensibilità il parroco seguisse la questione.
“Gennaio: guerra alle piante! Veramente si deve dire che le piante stanno diventando le nemiche degli uomini (almeno di questa zona!).
In tutta la zona circostante il paese si nota uno sradicamento continuo di piante di tutte le dimensioni e specie senza pietà e senza il minimo buon senso. Si tagliano piante ad alto fusto (il “rôl” compreso) per il semplice fatto che fa un po’ d’ombra sul granoturco, si annientano le siepi delimitanti i nostri campi per aumentare il podere di un solco. Si vogliono allargare i campi come una bistecca battuta dal martello di legno. Basta aumentare il raccolto, magari di poco. L’ambiente naturale in cui viviamo non interessa più.

Questa mentalità vandalica fu portata anche nella zona ovest del paese (“Megiôi”), zona che conservava ancora i suoi boschi quasi intatti e i suoi corsi d’acqua ancora naturali. Già nel ’19 interessi privati avevano creato colà, meglio al limitare di quella zona (vicino al Mulino Magrini), grandissime vasche per allevamento di trote convogliando in esse le acque risorgive della zona, con grandissimo danno ecologico. Infine arrivarono i contadini a incominciare la “bonifica”; usando grandi macchine per livellare, sradicare, creare nuove canalature per l’acqua e poi il fuoco per distruggere lunghissime siepi.

Ultimissima arrivò la Regione Autonoma col proposito di fare il “Parco delle Risorgive”. La zona fu bloccata e il Sindaco con manifesto diede l’avviso alla cittadinanza. In quell’occasione apparvero, su un grossissimo platano all’inizio della via detta “La Grande” e su un pioppo all’inizio della piccola via che porta al vecchio mulino Magrini, due tabelle con la scritta: “Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia – Comune di Talmassons – Zona delle risorgive – Zona soggetta a vincolo e tutela naturale e ambientale”.
Il fatto meravigliò i proprietari dei fondi di quella zona e invece di arrestare la distruzione la incrementò prima in modo incerto poi in modo consistente. Il bloccaggio consisteva soprattutto nel non fare alcuna modifica al terreno e nel non tagliare le piante ad alto fusto.

I più temerari incominciarono a trasgredire il divieto. L’intervento Regionale (o meglio la finta di intervento) fu sporadico ed incerto e ciò animò i restanti devastatori che cercarono di darsi da fare. E così si stava creando… il Parco delle risorgive”.

Nella parte del territorio posta al di sopra della linea delle risorgive, le condizioni pedologiche determinano un’elevata aridità del suolo ed il conseguente instaurarsi della vegetazione tipica del magredo. Si tratta di una macchia spontanea, costituita soprattutto da arbusti adatti a tali condizioni, come il frassino orniello ed il carpino nero. È comunque un tipo di vegetazione poco evoluta a causa delle difficili condizioni ambientali.

Fauna – La fauna del territorio non si discosta da quella del resto della bassa pianura friulana. Anche qui, è ovvio, si differenzia sensibilmente fra zona alta e zona bassa del territorio.
Sono presenti sostanzialmente tutte le specie di pesci, insetti, rettili, uccelli e mammiferi della pianura. Fra gli uccelli si notano anche specie migratorie come anatre ed oche, oltre ai soliti fasianidi ed a moltissime specie di passeracei, roditori, ecc. D’inverno si notano spesso folti stormi di corvi.
Fra i mammiferi, oltre alla lepre, a molte specie di roditori, ad insettivori come il riccio e la talpa ed a carnivori come la faina e la donnola è stata da anni notata la presenza di alcuni caprioli, di cui uno pare sia stato abbattuto da cacciatori di frodo. La maggior parte della selvaggina trova il suo habitat nelle aree boschive e paludose della zona meridionale.

Sempre dalle note del libro storico riportiamo ora una nota immediatamente seguente a quella appena citata:
“Non basta…ma a tutta la natura! Veramente neancbe gli uccelli, quei pochi che si vedevano, stavano in pace.
Si cacciava e oltre la caccia legale c’era la caccia di frodo: reti, trappole, ecc… Si vedevano perfino degli uomini adulti rubare i piccoli nei nidi o sparare ai merli d’inverno durante le nevicate. Dei pesci si dica altrettanto. La pesca veniva fatta ancbe elettricamente… Un pescatore di frodo dalle parti di Rivignano morì appunto folgorato da scarica elettrica facendo la pesca in questo modo. Da non si dire poi dei vari inquinamenti. L’uomo così inquieto sembrava scaricare le tensioni accumulate nel suo vivere…”.

Pagina aggiornata il 29/08/2023

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