Storia
Il nome non può che derivare da "Mans", i grandi appezzamenti di terreno che i consoli romani davano ai vecchi e valorosi soldati. Probabilmente uno di questi era Flaminus, da cui Flumignano (forse lo stesso Caio Flaminius, generale, tribuno della plebe nel 232 a.C. e console 9 anni più tardi) anche se sono molti i sostenitori di una derivazione da flumen, visto che a poca distanza dalla frazione passa il Cormor.
In tal "mans" comunque, deve essere stato ripetuto spesso, a tal punto che, a poco a poco, tutti hanno cominciato a chiamare Talmassons quel villaggio sorto in zona fertilissima per la ricchezza di acqua di risorgiva e per la vicinanza di una antichissima via come la Stradalta pavimentata dai romani con il nome di via Postumia. Lungo il suo selciato sono state scoperte 2 necropoli, una a incinerazione e una a inumazione, mentre un piccolo insediamento è venuto alla luce nei pressi della chiesetta cimiteriale di San Silvestro.
Ricchezza d'acqua, si diceva poc'anzi, e infatti a Flambro nasce lo Stella e già questo evidenzia l'importanza della terza frazione, peraltro la più importante storicamente, al punto da offuscare fin dalle origini quello che in seguito diventerà il capoluogo. Perché di "Plebs Flambri" si accenna fin dal 1126 (il novecentenario è quasi alle porte quindi), in un diploma del Capitolo di Aquileia e torna a comparire nel 1258 quando Corrado e Rodolfo di Savorgnan trasferiscono al patriarca Gregorio di Montelongo il castello di Flambro e la villa d'Isernicco, l'attuale Flambruzzo in comune di Rivignano. Flambro era una "Pieve matrice", vale a dire che aveva il diritto di crearne di nuove nelle terre da colonizzare, probabilmente quelle a nord della linea delle risorgive.
Talmassons, come Bertiolo, stava sotto quella pieve e potè staccarsi solo nel 1339 quando il paese fu dato in feudo al nobile cividalese Corardo Bojani. Era Flambro, insomma che comandava e viveva protetta da una "cortina" in prossimità della chiesa di Santa Maria annunziata fino al 1346 quando fu distrutta, mentre Talmassons, come il resto dei paesi della zona, subì tutte le angerie delle invasioni turche, la più grave fu quella del 1477 che cancellò per sempre l'abitato di Sanvidotto. È curioso ricordare che, nonostante la distruzione, la comunità continuò a sopravvivere virtualmente fino al 1806 con assemblee periodiche degli abitanti per l'amministrazione della chiesa di Sant'Antonio (esistente) e dell'annessa confraternita.
L'importanza di Flambro è tutt'ora testimoniata dai toponimi: c'è una piccola apparentemente insignificante via Dolè, nella frazione, che nasconde un'importanza storica notevole. È la contrazione del toponimo via d'Aulee, sicuramente via d'Aquileia, cioè la strada che, partendo da Flambro, conducevano al centro più forte dell'epoca romana. Le vicende storiche portarono Flambro (che apparteneva al territorio di Belgrado), prima ai patriarchi di Aquileia, con l'atto di donazione di papa Alessandro III del 1174, quindi alla Contea di Gorizia nel 1258 finchè la morte senza successori di Leonardo, ultimo conte, nell'anno 1500, diede occasione all'imperatore Massimiliano d'Austria di inglobarne le terre, nonostante le ferree proteste della Repubblica Serenissima che nel frattempo era subentrata al Patriarcato. Venezia dovrà attendere poco, il 1512, per acquisire la contea di Belgrado e quindi anche Flambro che verrà donata alla famiglia Savorgnan per i servizi prestati in particolare nella difesa di Osoppo contro il conte Frangipane alleato all'Austria.
A Flambro i Savorgnan, oltre a ricostruire la cortina difensiva smantellata nel 1346, trasformano la villa già esistente in luogo di ozi, delizie, convegni e banchetti.
Dal suo portone parte una strada tutt'ora esistente anche se ormai poco praticata, che arrivava direttamente fino a Udine. Nel 1797 c'è il trattato di Campodormido e Talmassons finisce sotto l'Austria dove rimane fino al 1866 quando il territorio diventa italiano. L'ultimo grande fatto storico avviene, ancora a Flambro, alla fine di ottobre del 1917: per proteggere la ritirata delle truppe italiane dopo la disfatta di Caporetto, nei pressi della chiesetta di San Giovanni sulla napoleonica si immola un intero reparto di granatieri di Sardegna comandati del colonnello Emidio Spinucci cui è dedicata sia la via che dalla chiesa conduce all'abitato sia la vecchia scuola elementare ora dismessa. L'ultima domenica di ottobre, ogni anno, i granatieri tengono lì una cerimonia commemorativa. Negli ultimi 2 secoli, godendo di relativa tranquillità, Talmassons, ha potuto partorire serenamente alcuni tra i maggiori ingegni friulani, compresi un paio di veri e propri eroi anche se in campi diversi.
Valentino Cossio fu tra i Mille che seguirono Giuseppe Garibaldi da Quarto a Volturno nel 1960, Annibale Frossi fece parte della squadra di calcio bicampione del mondo nel 1934 e nel 1938 e fu capitano di quella che vinse la medaglia d'oro alle Olimpiadi di Berlino del 1936. Altri grossi nomi ebbero dimora qui: Pacifico Valussi, uomo dagli interessi molteplici, politico, patriota con Daniele Manin alla difesa di Venezia e antesignano del giornalismo friulano, padre Cornelio Fabro, tra i più insigni filosofi e teologi del Novecento e, perché no, anche Giacomo Bonutti, figura popolare dall'arguzia leggendaria passato alla storia come Jacun dai Geis.